L’Italia batte ogni aspettativa in merito al referendum cannabis. Per decenni la pianta dalle mille e una proprietà è stata velata dal mistero del proibizionismo spaccando la società in più fazioni che hanno portato, a loro volta, a discriminazioni, violenze sia psicologiche che fisiche e non per ultimo in ordine di importanza, il proibizionismo ha portato grandi ricchezze nelle tasche di tutte le forme di mafie presenti sul territorio nazionale, incentivando sia la crescita economico-finanziaria di quest’ultime che l’avvicinamento dei soggetti più deboli al cosiddetto branco criminale.
Il referendum cannabis stravolge le aspettative, l’Italia vuole la cannabis legalizzata
Dopo che la petizione per depenalizzare la cannabis ha superato il mezzo milione di firme necessarie per essere eleggibile per un referendum il prossimo anno, la Corte Suprema delibererà se metterla al voto pubblico.
Se la campagna dovesse avere successo, l’Italia finirebbe per avere una delle legislazioni sulla cannabis più liberali in Europa, ampiamente alla pari con i Paesi Bassi e la Spagna, dove attraverso la semplice legalizzazione della cannabis, i palazzi di governo hanno raggiunto, negli anni, una notevole riduzione nell’utilizzo per scopo ricreativo.
Gli attivisti pro-depenalizzazione vedono il referendum cannabis come un’opportunità promettente per scuotere le acque in un paese in cui il consumo di droga è ancora pesantemente penalizzato e la criminalità ne trae solo benefici. Inoltre, la fiorente industria italiana della “cannabis light” al CBD, sebbene pesantemente regolamentata, continua a crescere generando e supportando migliaia di posti di lavoro, un dato che potrebbe essere decisamente crescente qualora anche la cannabis tradizionale (la pianta senza limitazioni nella quantità di THC contenuto) venisse legalizzata. Le stime degli istituti di statistica governativi parlano di un incremento di circa il 10% del PIL nazionale.
Lo status giuridico della cannabis in Italia
L’Italia è stato il primo Paese in Europa a depenalizzare la cannabis per uso personale, a seguito di un referendum promosso nel 1993 dal Partito Radicale. La marijuana medica è legale dal 2007. Nove anni dopo, una nuova legge ha permesso la coltivazione di piante con non più dello 0,6% di THC, come appunto la canapa, che ha quindi portato a un boom nell’industria della “cannabis light“.
Tuttavia, il possesso e la vendita di cannabis per scopi ricreativi rimangono illegali in Italia. La cosiddetta legge “Fini-Giovanardi” del 2006 ha introdotto pene severe per la vendita, il possesso e la coltivazione di marijuana al pari di quelle per le droghe pesanti come eroina e cocaina portando a migliaia di condanne più lunghe e alla congestione delle carceri e del sistema giudiziale accumulando così negli anni miriadi di sentenze.
Il caso depenalizzazione
A lottare per la legalizzazione della cannabis sono una varietà di organizzazioni, partiti minori e personaggi pubblici, principalmente appartenenti all’ala progressista della politica.
Uno dei loro principali argomenti per liberalizzare la legislazione antidroga esistente è togliere potere alle mafie, soprattutto perché gli organizzatori della campagna hanno stimato che ci siano circa sei milioni di consumatori di cannabis in Italia, il che la rende un’industria da oltre 8 miliardi di euro.
In Italia, la criminalità organizzata continua ad avere un’influenza particolarmente potente, soprattutto perché si dice che i sindacati mafiosi guadagnino più di 32 miliardi di euro dal traffico di stupefacenti, circa quanto la FIAT guadagna dalle vendite di auto.
Gli attivisti ed i portavoce pro-marijuana sostengono che la possibilità di depenalizzare la cannabis potrebbe avere un effetto estremamente positivo sull’economia italiana, ormai tesa e stremata dalle innumerevoli riforme economiche dell’ultimo decennio, aggiungendo 6 miliardi di euro, creando fino a 35.000 posti di lavoro e alleggerendo certamente il sovraffollamento delle carceri già sovraffollate da detenuti per reati maggiori. Pertanto è necessario che il governo faccia le mosse giuste affinchè la nazione torni ad avere posti di lavoro e si possa sperare in un affievolimento della presione fiscale.
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